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ATTACCHI DI PANICO

 

 

 

 

 

"La paura è la cosa di cui ho più paura."

 Michel De Montaigne

 

 

Sempre più frequentemente si sente parlare di “attacchi di panico”, come un fenomeno in aumento: le persone che ne soffrono si presentano in terapia spesso portando una vita “mutilata” dal sintomo stesso, che prende il sopravvento, scandendo ritmi, luoghi, attività e inibendo la libertà di movimento del soggetto.

La caratteristica principale dell’Attacco di Panico è un periodo preciso di paura o disagio intensi, in assenza di un vero e proprio pericolo, accompagnato da almeno quattro dei seguenti sintomi:

-palpitazioni, sudorazioni,

-tremori fini o grandi scosse,

-sensazioni di dispnea o di soffocamento,

-sensazioni di asfissia, dolore al petto,

-nausea o disturbi addominali,

-vertigini o sensazioni di testa leggera,

-derealizzazione o depersonalizzazione,

-paura di perdere il controllo o di “impazzire”,

-paura di morire, parestesie e brividi o vampate di calore.

Molti dei soggetti che descrivono tali attacchi, parlano della paura intensa provata e riferiscono di aver pensato d' essere in procinto di morire, di poter perdere il controllo, di avere un infarto del miocardio o ictus e di “impazzire”.

Riferiscono anche il desiderio urgente di fuggire dal luogo in cui si è manifestato l’attacco.

Solitamente vengono messi in atto meccanismi di evitamento della situazione che si ritiene essere la causa scatenante e/o facilitante. 

Evitamento e fuga sono due delle reazioni comuni a tali stati, sono comportamenti immediati che rendono però il sintomo più forte e intenso, aumentando  la paura della paura, restringendo il campo libero di azione del soggetto e facendo dilagare, ampliare il raggio d’azione della paura stessa.

Anche la richiesta d’aiuto che il soggetto mette in atto, dipendendo di fatto dall’intervento di un altro affettivamente vicino, non fa che aumentare la sensazione di impotenza del soggetto, avvalorandola. Il messaggio “ti voglio bene, ti proteggo” del caro che soccorre, porta con sé infatti anche il doppio, infido messaggio: “ti aiuto perché tu da solo non ce la fai”, rendendo ancora più vera la sensazione di incapacità di chi soffre dell’attacco di panico, convinto di non avere le risorse per uscire dalla gabbia che mano a mano diventa più grande e potente.

Il tentativo di controllo è poi un’altra delle strategie disfunzionali che fanno aumentare la paura: impegnati nell’ascolto dei segnali che portano all’attacco cioè delle proprie reazioni fisiche, si stimola l’insorgere dei sintomi fisici, che danno vita ad una reazione a catena fino all’insorgere dell’attacco di panico vero e proprio. 

Compito della terapia è cambiare il legame disfunzionale tra le reazioni, ed offrire/rendere possibile la conoscenza di una realtà differente da quella percepita e temuta.

Attraverso le esperienze correttive che vengono attuate in terapia  il soggetto riesce ad uscire da situazioni così costrittive, fermo restando un approfondimento della situazione fobica individuale, come storia personale da conoscere ed affrontare.

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